lunedì 20 marzo 2017

Pro-cycling Territory

il contributo del ciclismo professionistico agli studi urbani e territoriali

Paolo Bozzuto
Franco Angeli/Urbanistica, 
Milano 2016, pp 205

Prezzo: € 27,50

All'interno di una più ampia cornice di senso attribuito alle infrastrutture territoriali, si situano le tante ricerche e pubblicazioni che in questi anni riflettono sulla rete stradale reintepretata come supporto strategico di un modello di mobilità basato sulla bicicletta e alternativo all'auto di proprietà. Questo lo sfondo entro cui si colloca anche il bel libro di Paolo Bozzuto, edito da Franco Angeli nella collana Urbanistica, non senza rinunciare tuttavia a offrire un punto di vista del tutto originale e per certi vesti contro-intuitivo sull'argomento: il contributo agli studi urbani e territoriali delle grandi competizioni sportive legate al ciclismo professionistico.
Come anche chiarito nell'introduzione, il libro è l'esito di un personale percorso di ricerca condotto dall'autore fra il 2013 e il 2015 che progressivamente ha messo a fuoco il principale campo di interesse e l'innovazione del punto di vista proposto. Entro le tante ricerche sulla ciclabilità di architetti e urbanisti, il libro di Paolo Bozzuto parte infatti da una considerazione e dal conseguente riconoscimento di un potenziale campo di ricerca ancora vuoto e in larga misura da colmare. La constatazione è relativa al riconoscimento dello iato esistente fra la scarsa e trascurabile attenzione che la tanta letteratura di settore ha posto in questi anni al possibile ruolo che hanno svolto le grandi competizioni sportive a fronte di un mai sopito interesse dei media e del grande pubblico nei confronti di questi eventi; la possibile domanda di ricerca, direttamente connessa a questa considerazione, attiene al disinteresse spesso manifesto dell'immaginario tecnico-scientifico nei confronti di pratiche d'uso che, come il ciclismo, affollano l'immaginario collettivo. Anche da questi aspetti deriva la conseguente condizione di afasia dell'urbanistica, disciplina che, pur agendo sugli stili di vita, mostra spesso una resistenza nel comunicare al di fuori del proprio campo e nel riconoscere come esistano importanti relazioni fra le pratiche d'uso e i “miti” popolari che le sostengono.
Il volume si articola in 7 capitoli, quattro dell'autore, in cui si innestano i punti di vista di un semiologo (Arcangelo Farris), un architetto (Andrea Di Franco) e un ex corridore (Marco Pinotti). Il primo capitolo, Sulla bicicletta oggi, illustra come oggi, anche alla luce della crisi economica, delle politiche europee in materia di cambiamento climatico e contenimento delle emissioni, di un rinnovato interesse per le questioni ambientali e la salute fisica, i temi della mobilità ciclistica alternativa all'auto tornano d'attualità, assumendo forte influenza anche per il progetto della città e del territorio, fino a delineare i contorni di una possibile “urbanistica della bicicletta”.
Il secondo capitolo entra nel cuore dello specifico punto di vista trattato dal volume, del ruolo costruttivo del ciclismo sportivo per il progetto di città e territori e delle ragioni disciplinari per sostenere uno sguardo indisciplinato. Secondo l'autore il ruolo che il ciclismo professionistico può svolgere si muove su molteplici piani fra loro paralleli; essi fanno riferimento al territorio come teatro, come patrimonio e come storia delle trasformazioni urbane. Nel racconto operato dai mezzi di comunicazione il ciclismo professionistico è il primo ed unico sport che, attraverso le sue molteplici pratiche, utilizza il territorio come un grande teatro su cui si rappresenta una festa e al contempo un'epica battaglia: in esso il palco sono le strade, gli spalti sono i pendii, la scena sono le montagne e i paesi che scorrono durante la gara. All'illustrazione di questi aspetti è dedicato anche il terzo capitolo, con il contributo di Arcangelo Farris, giovane semiologo che analizza il racconto del ciclismo operato dalla televisione.
Un diverso piano di riflessione è invece quello proposto da Bozzuto nel quinto capitolo, in cui le competizioni ciclistiche sono analizzate come ‘grandi eventi’ capaci di depositarsi in processi di progressiva patrimonializzazione del territorio, attraverso la valorizzazione storico culturale di strade e montagne, dei paesaggi e luoghi su cui le gare si svolgono, mettendo spesso al centro aree interne e marginali. Non è un caso se parte dello studio su questi aspetti è anche confluito nella costruzione del progetto di ricerca “Atlante Storico del ciclismo in Lombardia”, finanziato da Regione Lombardia nel 2015 e coordinato dallo stesso Bozzuto presso il Dipartimento di Architettura e Studi Urbani del Politecnico di Milano. In questa stessa direzione va anche il contributo di Andrea Di Franco nel sesto capitolo, dedicato al ruolo che alcuni velodromi storici, come il Vigorelli di Milano, possono svolgere nei processi di valorizzazione della città e per la costruzione di una cultura condivisa sui temi della ciclabilità.
Sovrapposto ai precedenti, un terzo piano trattato nel volume fa infine riferimento a come le cronache del ciclismo diventino un osservatorio peculiare, una finestra aperta sul territorio, grazie alla quale cogliere le dinamiche e trasformazioni del paesaggio italiano, attraverso il progressivo trasformarsi, anno dopo anno della scena. Ciò vale sia per chi osserva ma anche per chi pedala come testimoniato dal contributo (quarto capitolo) di Marco Pinotti, prima ciclista professionista, oggi tecnico che osserva un territorio e le sue strade che, sotto le due ruote, progressivamente si modificano.
Muovendosi su questi piani, oscillando fra immaginario collettivo e disciplinare, il libro ha un doppio referente: da un lato, come già detto, si rivolge agli urbanisti, in special modo a quelli che trattano i temi della ciclabilità, facendo luce sul ciclismo sportivo e mettendone in luce le sue potenzialità; dall'altro (e forse questo è un contributo sottovalutato e in parte inatteso) è il libro di un urbanista che, usando il ciclismo sportivo come “filtro”, riesce a comunicare ad un pubblico vasto, fatto di tanti appassionati che poco si interessano ai temi delle politiche urbane e del territorio. Ad essi il libro mostra come anche la nostra disciplina può offrire, in alcuni casi rari e fortunati, sguardi interpretativi inattesi e di un certo interesse.


Lorenzo Fabian